Esistono uomini schivi e sinceri, di rara cultura e antico stampo. Uomini per i quali i valori, la famiglia, l’arte, la religione, non sono parole vuote, ma pilastri sopra cui edificare un’intera vita.
Elia Bonci era uno di questi.
Pittore, poeta, docente, scrittore. Tante erano le anime del suo essere artista, cosi' come innumerevoli erano le tecniche di disegno sperimentate nelle sue opere. Del suo talento restano molte dimostrazioni, quadri, disegni, manuali, libri.
L’estro di Elia Bonci e' vissuto tra la seconda meta' dell’ottocento e la prima del novecento, celebrato dagli affetti familiari e da qualche illustre riconoscimento. Nella sua vita schiva e laboriosa non ha mai cercato ne' gloria, ne' denaro, tutto quello che ha guadagnato e' giunto per suo innegabile merito ed evidente capacita'.
A lui oggi sono intitolate due vie, una a Cupramontana, suo paese natale, e una a Montelupone, piccolo borgo nella campagna marchigiana. Ed è proprio a Montelupone che si può ammirare, riassunta in un unico luogo nella chiesa di San Vincenzo a Montenovo, tutta la bellezza della sua arte.
Da diversi luoghi, ieri come oggi, il suo sguardo ci osserva, sempre fiero, immortalato nei suoi magnifici autoritratti.
La nostra speranza e' che di lui non restino soltanto il nome scritto su una targa e qualche opera muta.
Ci piacerebbe che la sua memoria fosse ricordata viva e intatta, la sua storia raccontata a chi ancora non la conosce, le sue creazioni tutelate con la cura che meritano.
Questo sito e' soltanto un piccolo pensiero, o forse il primo passo di un lungo cammino.
Elia Bonci nacque a Cupramontana il 24 novembre 1866. Dopo aver frequentato l’Istituto di Belle Arti di Roma, ottenne l’abilitazione all’insegnamento del disegno e intraprese la carriera di docente. La sua professione lo portò ad insegnare a Corleone, Camerino, Pisa e Macerata.
La sua passione per l’arte andava tuttavia al di là del semplice insegnamento, fu infatti autore di libri ed articoli dedicati al disegno e prospettiva. Su tutti spicca il testo “Teoria delle Ombre e del Chiaroscuro” che ebbe cinque edizioni nella celebre collana dei Manuali Hoepli.
Fu anche incisore del legno e si dedicò pure alla poesia, in particolare quella vernacolare, ottenendo notevole successo, tanto da essere menzionato nell’Enciclopedia Treccani tra i poeti dialettali.
La migliore espressione del suo talento restò tuttavia la pittura, in parallelo con la sua attività professionale si dedicò ad una folta produzione, utilizzando per le sue opere quasi di tutte le tecniche: olio, acquerello, sfumino, tempera, affresco, miniatura, pergamena. I soggetti delle sue opere spaziano dai paesaggi alle nature morte, dall’arte sacra a quella profana, decorazioni ed elementi architettonici.
Il suo capolavoro è rappresentato dagli affreschi della chiesa di San Vincenzo a Montenovo, di proprietà della famiglia.
A Macerata Elia Bonci partecipò attivamente alla vita culturale della città, tenendo conferenze e collaborando con l’amministrazione in occasione di eventi artistici. Fu socio della Deputazione di Storia Patria e Accademico dei Catenati.
Si spense a Macerata il 21 dicembre 1953.
Foto di famiglia
cm 80x100
olio su tavola cm 40x20
Tempera su muro cm 148x158
Olio cm 45x35
Olio su tavola
cm 45x35
Copia dell' affresco eseguito da Simone Martini nel 1328 di Guidoriccio da Foligno
Olio su tavola
Acquerello
olio su tavola 35x25
cm 52x38
cm 52x38
Acquerello
olio su tela cm 38x51
cm 45x35
olio su tela cm 38x30
olio cm 30x40
Oh mazzittéllu mia!
Ciò cinque fiuri drénto casa mia
che mójema s' 'i tène appréssu u core;
cinque bózzi de rose, che vorría
che me sfacésse chitta a famme odore.
U primu é Giuseppí, 'n autru é Maria,
u térzu é Gustinellu, e u quartu fiore,
che leva 'a testa a tutti, adè Lucia,
e l'ultimu é Bicetta ch'é 'n amore.
Oh! mazzittéllu mia tantu carinu,
che profumate l'àrria do che géte,
perché no mme stacéte piú vicinu?
E quanno, Cristu santu, me farrete
'rtornà 'ntra i fiuri mia? che sie 'n destinu
che non possa saziamme de sta sete?
Io pénso a te
Io non magn, non dormo e non fo 'n passu
che non me sento drénto 'n gran torméntu;
io pénso sempre, mutu come 'n sassu;
chi pó leàmme a me stu scoraméntu?
Io pénso a te, vo sulu e guardo bassu,
vorrìa corre a 'bbràcciatte 'gni moméntu;
e sci 'ncuntro 'e signore che va a spassu,
tiro de lungu e fujo com' u véntu.
Sse stornóne se crede d'èsse belle
sci va de lussu e se 'nfarina 'a faccia;
ma famme 'a carità, ma passa via!
Per me non ce n'è una che me piaccia.
Mójema non se 'mbianca per coèlle,
e adè piú bella tantu 'a moje mia.
U séstu fiore
'Nte u mazzittéllu c'é cresciutu 'n fiore
che odora como 'o pa' friscu che cròsscia;
é n'antra fetacciòla bianca e rossci
che m'ha rfattu svejà 'nsoqué lí u core.
É nata lipperlí vérsu tre ore
de sta matina; e pó 'n é tantu mósscia;
pesarà quattro libbre pe 'gni cosscia!
é 'na consolazió sci non se more.
Agnesuccia, Agnesuccia! Essa piagnía,
e como sci volesse qualche có,
nnaspàa co 'lle manucce e se spremía.
Fece vedé l'occhitti, me guardò;
paría che me dicesse: Babbu mia,
mó sémo tróppi, babbu, e basta 'n pó!
A du' spusi
Fijóli cari piú dell'ócchi mia,
mó ce séte rigàti a favve spusi!
Du' cumpriménti? Certu, ce vorría,
e pó fatti de core, e respettusi.
Ma que volete, fiji, che ve dia
stu por'omo! s'é sempre 'n pó lagnusi
quanno s'é vécchi. E me despiacería
vedevve sbadijà coll'ócchi cchiusi.
Scialate, spusi. Có se ppiccia u fócu
e bóje 'na pignóla e ce sta 'n fruttu,
'a vita, spusi mia, deventa 'n giócu.
E ssci ccóje, Dio scampe, 'n casu bruttu,
ve volete mmattí pe ttantu pócu?
c'éte l'amore vóstru e c'éte tuttu.
Il testamento
Quando alla rigida
nostra natura
pagata l’ultima
ora piú dura,
al sommo Giudice
che a sé la chiama
volerà l’anima
che spera e brama;
no no, non lacrime,
figli, non fiori
che il duol palesano
solo di fuori.
Stendete al povero
prodiga mano
in sacro debito
d’ogni cristiano;
Poi raccoglietevi
in su la sera
colmi ne l’estasi
de la preghiera;
e il voto unanime
del vostro cuore
ascenda libero
fino al Signore
dove fra gli angeli
lieta mi aspetta
la mia dolcissima
sposa diletta.
La Chiesa di San Vincenzo Ferreri, situata in località Montenovo di Montelupone, è situata accanto alla Villa Bonci sulla sommità di una collinetta. Lucia Bonci di Cupramontana, vedova del conte Isidoro Viscardi, commissionò la costruzione dell’edificio in sostituzione di una più piccola chiesa sita all’inizio della strada dei Colli Montanari. La chiesa fu eretta senza architetto, e ne diresse la costruzione la stessa contessa Viscardi, assistita dal suo agente di campagna Benedetto Miliozzi che ne disegnò la facciata.
Elia Bonci ereditò la chiesa nel 1909, ideò e realizzò la decorazione interna, l’altare e i confessionali. I lavori iniziarono nel 1934 e richiesero all’incirca due anni, l’inaugurazione avvenne il 16 agosto del 1936.
La mirabile decorazione interna manifesta l’apprezzamento per uno stile ricco di riferimenti eclettici alla stagione tardo-gotica, in sintonia con il gusto al quale Ludovico Seitz e Biagio Biagetti avevano improntato la decorazione delle cappelle absidali della Basilica di Loreto.
Ad oggi, lo stato di conservazione dell’edificio, che presenta alcuni problemi di stabilità, e del ciclo pittorico,danneggiato in alcuni punti da umidità, vibrazioni esterne e piccole fessure createsi sulle pareti, rende necessario intervenire per salvaguardare questo interessante patrimonio.
Settembre 2013 - Pubblicato su Emmaus un ampio articolo dedicato a Elia Bonci
Pubblicato su Emmaus, settimanale d'opinione marchigiano, un ampio servizio dedicato alla chiesa di San Vincenzo a Montenovo di Montelupone (MC) completamente affrescata da Elia Bonci.
Nello splendido articolo sono presenti molte notizie sulla chiesa e sulla vita di Elia Bonci. Grande spazio e' poi riservato a bellissime foto degli affreschi.
Agosto 2008 - Montelupone, intitolata una via a Elia Bonci